ROMA (MF-NW)--Go!, Go!, Go! è lo slogan che campeggia ancora oggi sul sito del provider, Go Internet, quotato sull'Egm. Peccato che in borsa sia stato praticamente da sempre down, down down. Il titolo è ormai planato ai suoi minimi con un valore quasi imbarazzante tanto è difficile pronunciarlo: 0,0056 euro o meglio solo poco più di 5 millesimi di euro. In Piazza Affari sbarcò sul circuito Aim (oggi Egm) nel lontano 2014 portato dalla ex Popolare di Vicenza. La banca come si sa non c'è più, assorbita da Intesa, e anche la società di Gubbio che vende accessi alla rete di fatto, borsisticamente, è morta. Lunga striscia di perdite.

Dall'ipo di nove anni fa a un prezzo per azione oltre i 2 euro, Go Internet si è lentamente dissolta. Oggi capitalizza poco più di 310mila euro, il prezzo di un bilocale nella periferia di Milano. Un destino amaro con in conti pressoché sempre in perdita e soprattutto crescenti. Nel 2017 il passivo della società umbra era di poco più di 200mila euro, saliti negli anni successivi fino al buco di bilancio da 2,8 milioni del 2022. Il fatturato è anche cresciuto nel tempo passando da 6 milioni del 2016 ai 10 milioni sfiorati nel 2022. Ma evidentemente i forti ammortamenti per gli investimenti e i costi operativi hanno sempre mangiato tutti i ricavi. La mina finale di Negma.

Una spirale senza fine cui si è aggiunta quest'anno la mina di Negma. Il misterioso fondo di Dubai specializzato nell'offrire prestiti convertibili in azioni a società in grave tensione finanziaria e che opera su molte società dell'Egm, causandone -attraverso la vendita massiccia delle azioni rivenienti dai Poc- l'affossamento borsistico. Anche la piccola società internet che vede come principali soci Opnet (l'ex Linkem) e l'imprenditore umbro del cemento Franco Colaiacovo (la sua Colacem è il terzo produttore e distributore in Italia) ha finito per affidarsi nel marzo di quest'anno alla ciambella di salvataggio del fondo, con l'emissione di varie tranche di obbligazioni convertibili cum warrant per un valore di 6 milioni di euro. E l'effetto si è notato quasi da subito sul listino, con scambi esplosi per le prime vendite di azioni che hanno visto il titolo in soli sei mesi perdere il 96% del suo valore. Del resto senza l'intervento del fondo non si sarebbe potuta salvare la società a corto di liquidità. Basti pensare che il debito finanziario netto a giugno del 2023 era di 7,5 milioni di euro a fronte di un fatturato di soli 5,1 milioni e di un ebit in rosso per 1,5 milioni. Niente flussi di cassa e un debito che è costato di soli interessi quasi tutto il margine operativo lordo. La continuità aziendale è di fatto assicurata (per ora) solo grazie all'intervento di iniezione di liquidità di Negma.

Soci forti in fuga. Un'operazione che ha anche permesso ai soci forti di diluirsi molto nella compagine azionaria. Ormai sia Opnet che Franco Colaiacovo sono scesi entrambi sotto la soglia del 5% del capitale. Una discesa favorita dalle nuove azioni emesse e conferite a Negma. Solo a fine del 2022 la quota di Opnet era del 21% e quella di Colaiacovo del 16%. Ora di fatto gli azionisti storici non ci sono quasi più. E Go Internet è impegnata nel nuovo piano industriale che promette in futuro una qualche forma di redditività. Ma intanto il titolo è praticamente scomparso dai radar. Con buona pace della rivoluzione della rete di Internet nelle case che per molti operatori (come Tiscali, oggi Tesselis, sempre Opnet come azionista) è stato un bagno di sangue.

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