ROMA (MF-NW)--Nella trattativa per il rinnovo del contratto
nazionale di lavoro dei 280.000 bancari italiani «se continua così,
non andremo da nessuna parte. Serve una assunzione di
responsabilità da parte di tutti gli organismi Abi. Il rischio è
che il contratto non si faccia e che l'Abi sparisca. Noi siamo
pronti alla mobilitazione della categoria e a rendere ingestibili i
gruppi bancari». A 48 ore dalla riunione ristretta fra i segretari
generali di tutte le organizzazioni sindacali e la presidente del
Comitato sindacale Abi, Ilaria Dalla Riva, in programma oggi a
Milano, il leader della Fabi, Lando Maria Sileoni, svela a
MF-Milano Finanza i dettagli del negoziato in corso da luglio e
manda chiari messaggi alla controparte.
Domanda. Come sta andando la trattativa?
Risposta. Ho riflettuto molto prima di rilasciare questa
intervista perché speravo, da parte dei rappresentanti delle
banche, più sensibilità verso i propri dipendenti, più lungimiranza
politica e meno egoismo. Se continua così - con rimpalli, con
disimpegni, con critiche nei corridoi o nei vari incontri
all'interno del Comitato sindacale Abi, dell'Esecutivo o del
Comitato di presidenza - non andremo da nessuna parte. E credo che
il contratto, non per nostre responsabilità, non lo chiuderemo
certamente entro il 31 dicembre e comunque non riesco a fare
previsioni. La categoria, i 280mila bancari italiani, deve sapere
che la trattativa non è mai partita realmente, non per
responsabilità del sindacato, ma per tutta una serie di motivi che
spiegherò ora.
D. Ha deciso di vuotare il sacco?
R. Sì. Perché ho un rispetto e una considerazione per le
lavoratrici e i lavoratori che mi impegnano moralmente a essere
trasparente. Un tempo, l'Abi - questo è uno dei motivi principali -
sapeva dove portare il settore, oggi è in balia e in ostaggio dei
gruppi bancari, taluni dei quali, come già purtroppo accaduto,
sottoscrivono il contratto nazionale, per poi un minuto dopo
rimetterlo in discussione nei gruppi bancari. Così facendo, da
anni, si delegittima l'Abi e l'Abi accetta passivamente questa
situazione.
D. Faccia chiarezza al 100%.
R. Il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, non si è mai
interessato direttamente delle vicende sindacali, seguendole a
distanza. Il direttore generale, Giovanni Sabatini, partecipa agli
incontri ma non è un tecnico di relazioni sindacali, la presidente
del Casl. Ilaria Dalla Riva è alla sua prima esperienza da capo
della delegazione sindacale Abi. E lo stesso Comitato sindacale Abi
(Casl) si è rinnovato al 70% e i rappresentanti delle banche
presenti sono anche loro alla prima esperienza, non hanno potere
decisionale nella trattativa, limitandosi a indicare le singole
richieste da presentare ai sindacati. Lo stesso Casl, con Dalla
Riva in testa, dovrebbe ricevere un ampio mandato dall'esecutivo
Abi, composto per la maggior parte dagli amministratori delegati
dei gruppi, che non conoscono nel dettaglio le relazioni sindacali,
limitandosi a giudicare quanto il Casl riferisce. Il Comitato di
presidenza, composto da alti dirigenti delle banche, normalmente
prende sempre atto di ciò che decide l'Esecutivo. E, dulcis in
fundo, il primo gruppo bancario italiano, Intesa Sanpaolo,
partecipa come osservatore in quanto ha deciso, spero
momentaneamente, di ritirare la delega sindacale al Casl. Mi dica
lei se è possibile rinnovare un contratto nazionale così
impegnativo, anche per i cambiamenti organizzativi in atto nelle
banche, con queste condizioni.
D. Lei descrive è una situazione esplosiva: perché ha deciso
solo adesso di renderla pubblica?
R. Perché vogliamo rinnovare il contratto nazionale in tempi
rapidissimi, altrimenti salta tutto, perché gli stipendi sono fermi
da anni e l'inflazione logora il potere d'acquisto delle
lavoratrici e dei lavoratori. E deve essere chiaro che, se i tempi
si allungano, mobiliteremo la categoria, anche con decisioni e
iniziative che faranno scalpore. Non esiste solo lo sciopero,
esistono altri modi per farsi sentire e per farsi rispettare che
neanche le banche possono evitare. Forse le banche possono
condizionare una parte della stampa, ma con i social non hanno
alcuna speranza. E anche lì siamo una macchina da guerra.
D. C'è dell'altro o ci ha detto proprio tutto?
R. No, c'è altro: qualche gruppo bancario non ha digerito il
fatto che l'amministratore delegato di Intesa, Carlo Messina, sia
venuto al congresso nazionale Fabi a dare la propria disponibilità
ad accogliere interamente la nostra richiesta economica di 435
euro. Qualcuno l'ha presa male, facendo finta di non capire che in
quel contesto parlava il primo esponente del maggior gruppo
bancario e che era pienamente legittimato a rappresentare il
proprio pensiero, tra l'altro avendo già da tempo annunciato
l'uscita di Intesa dal Comitato sindacale Abi.
L'aumento di 435 euro e il ripristino pieno del Tfr li devono
digerire le banche, perché l'incremento economico è giustificato
dall'inflazione e dagli utili miliardari delle banche e il
ripristino del Tfr è superato in quanto l'emergenza è finita. E poi
vogliamo risolvere il problema dei mutui "fringe benefit" dei
dipendenti penalizzati dai conguagli fiscali.
D. Ma qual è, in questa condizione, il rischio maggiore che si
corre?
R. Che il contratto non si faccia e che l'Abi sparisca. Due
rischi che non vorrei mai si concretizzassero, anzi io mi auguro
che anche Intesa rientri al più presto all'interno del Comitato
sindacale Abi.
D. Da luglio a oggi, negli incontri in Abi, di cosa avete
parlato?
R. Sono state date risposte evasive e negative rispetto alle
nostre richieste e per nostre intendo quelle unitarie di tutti i
sindacati. Nelle riunioni dell'Esecutivo Abi fin qui svolte, alcuni
rappresentanti delle banche hanno eretto dei muri. Ora, che un
piccolo gruppo bancario alzi la voce all'interno dell'Esecutivo
quando nella propria azienda, da sempre, calpesta qualsiasi
principio o prerogativa dei lavoratori, è davvero il massimo. Si
lamentano che i sindacati hanno presentato 200 richieste,
quantificandole in un aumento complessivo superiore al 20% del
costo del lavoro attuale. In questo caso, gli aspetti sono due: o
sono degli incompetenti o sono in malafede. Perché il contratto
nazionale non ha un costo quantificabile, poiché l'unico costo
certo è rappresentato da tutto ciò che è monetizzabile, in questo
caso esclusivamente la parte economica. Conta anche il peso dei
rappresentanti dei gruppi stranieri, ma in questo caso è
indispensabile fare dei distinguo: tengo in grande considerazione
la posizione di chi ha realizzato, nel tempo, un percorso
socialmente responsabile e specchiato, mentre considero molto meno
il punto di vista di chi nella sua azienda danneggia la categoria
in tutti i modi. Non lo dico io, ma le sentenze della magistratura.
Poi le assicuro che i sindacati aziendali e di gruppo nelle loro
banche hanno sempre gestito con responsabilità tutti i cambiamenti
in atto: nessun amministratore delegato può lamentarsi.
D. Da adesso in poi cosa si aspetta?
R. Una assunzione di responsabilità da parte di tutti gli
organismi Abi, che tengano conto del peso politico e
dell'autorevolezza dell'amministratore delegato Carlo Messina e mi
aspetto un immediato recupero del tempo perso. Un ultimo avviso ai
naviganti: se volete l'ingestibilità nei gruppi bancari e tutta una
serie di iniziative che faranno scalpore, siete sulla strada
giusta. Se 435 euro, tutti giustificabili, sono troppi, come devono
essere giudicati gli stipendi milionari dei manager e dei loro più
stretti collaboratori? In un periodo in cui le banche hanno
realizzato, solo nel 2022, utili per 25 miliardi.
red
fine
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2309:37 ott 2023
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