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ROMA (MF-NW)--A meno di 20 giorni dall'assemblea che voterà la composizione del nuovo board di Mediobanca arrivano i primi numeri sull'affluenza degli azionisti. Secondo quanto appreso da MF-Milano Finanza, all'appuntamento del 28 ottobre si stima che possano partecipare circa il 70% del capitale dell'istituto.

Una percentuale superiore alla media delle ultime sei assemblee (che è stata del 64,9%, passando dal 63,2% del 2017 al picco del 69,9% del 2021), ma inferiore ai rumors circolati in un primo momento. Le stime della scorsa accreditavano infatti in piazzetta Cuccia una partecipazione vicina al 75%. Dopo il deposito delle liste alternative a quella del cda, è partita la caccia ai voti. Per la raccolta delle deleghe, Mediobanca ha schierato l'advisor Morrow Sodali che avrebbe già in mano un primo pacchetto, destinato comunque a crescere. Decisiva sarà la prossima settimana, quando il ritmo di adesioni potrebbe salire in maniera consistente in vista della scadenza per il deposito delle azioni fissata per giovedì 19, la cosiddetta record date. A imprimere un'accelerazione soprattutto sul fronte degli investitori istituzionali sarà il responso dei proxy advisor: tra domani e venerdì 13, Iss e Glass Lewis dovrebbero esprimersi a favore della lista del consiglio.

Un'alta affluenza gioca a favore della lista del board, che ripropone al vertice il ticket Alberto Nagel e Renato Pagliaro. Ma alla luce di una serie di numeri, quel 70% potrebbe non bastare. Ecco perché. Gli avversari capeggiati da Delfin (che ha presentato una lista di minoranza a cinque) e Francesco Gaetano Caltagirone possono contare in partenza sul 30% del capitale. Questa percentuale salirà grazie all'appoggio di altri azionisti che, come nel caso dell'assemblea 2022 di Generali, potrebbero schierarsi in favore di una linea critica dell'attuale management. Tra questi ci sarà il patron di Iris Ceramica, Romano Minozzi, che ha in portafoglio lo 0,7%, di cui uno 0,1% apportato all'accordo di consultazione. La lista del board uscente non potrà contare nemmeno sui voti che andranno a quella di minoranza di Assogestioni (stimati tra il 2 e il 4% del capitale di piazzetta Cuccia) e soprattutto sui soci che decideranno di astenersi e che quindi abbasseranno il quorum. Quali? Sicuramente Poste Vita, che detiene una quota compresa fra l'1 e il 3% e che, come da prassi consolidata, non prenderà posizione.

Di questo schieramento potrebbero far parte anche alcuni azionisti storici dell'istituto come i Gavio e i Benetton. A inizio giugno il presidente della holding Aurelia Beniamino Gavio aveva fatto sapere che si sarebbe tenuto fuori dalla partita Mediobanca, di cui la famiglia piemontese detiene lo 0,8% apportato al patto. Una scelta che, secondo alcune indiscrezioni, potrebbe essere replicata anche dalla dinastia di Ponzano Veneto. I Benetton, che tramite Edizione hanno il 2,1% della merchant, terranno un cda della cassaforte ad hoc a ridosso dell'assemblea per tirare le fila sul dossier. Se l'esito rimane incerto, dall'altra parte l'attuale vertice di Mediobanca può comunque contare su due blocchi importanti: i fondi internazionali e alcuni azionisti storici, anche fuori dal patto (al 10,85%). Tra questi ci sono Unipol (titolare del 2%), Vincent Bolloré (circa al 2%) e Diego Della Valle (0,5%). Che il mercato abbia acceso i riflettori sulla partita e stia prendendo posizione è testimoniato anche dal vorticoso aumento dei volumi sul titolo Mediobanca registrato nelle ultime settimane.

Il numero di azioni scambiate in media per ogni seduta è infatti cresciuto di quasi il 60%, passando dai 2,6 milioni dell'ultimo anno agli attuali 4,1 milioni. Intanto, dopo la presentazione della propria lista, resta la tensione nella governance di Delfin.

alu

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